L’EMPATIA DELLA DIFFERENZA
Due
testi di Maria Grazia Lenisa che inducono a riflettere… la rivolta, nel
primo, e l’emarginazione consapevole del secondo testo possono essere la voce
dell’inerme che si leva intonando una musica di libertà e verità, scomoda
certamente, eppure irrinunciabile.
L’essere
donna e poetessa, in questa ottica, rappresenta un impegno per l’autrice,
ovvero l’assunzione di un nobile fardello che si apprezza quanto più ci pone in
conflitto con il potere, cieco davanti alla bellezza, e le parole scontate che
lo rappresentano.
La maschera può anche essere quella di una
poetica letteraria asfittica, minimale oltre il lecito, oppure di una militanza
drastica e miope da rivedere criticamente nella direzione di una maggiore
apertura o di una profondità che riveli una trascendenza.
La poesia d’invenzione (chiariamo subito che
tutta la poesia è pur sempre inventata) propriamente detta non si appella al
quotidiano realismo, preferisce creare scenari, a volte paradossali, o estremi,
ma in grado di smuovere, portare al dubbio e alla scelta di un’espressione di
sé più vera. Non sempre ciò che è reale
merita un’adesione incondizionata. La piattezza è sempre in agguato, come difendere la poesia in tale frangente?
Regalandosi un ‘terzo occhio’ che sposti il discorso su un piano parallelo e
permetta di rovesciare come un guanto la realtà alla ricerca del senso riposto
delle cose. Il male, fuori e dentro di
noi, o la divertita pittura, un po’ bohémien e irriverente, del pittore di
strada sono esempi di vagabondaggi intellettuali, ma con l’empatia giusta nei
confronti di una diversità che è pregio e ricchezza, corpo e anima del nostro
tempo e forse oltre.
Marzia Alunni
LA MASCHERA
a Giovanni Occhipinti
Girano con le maschere a
difesa della caduta
dell’ipocrisia
che l’altro sa davvero ciò
che pensi: la video-
fronte rivela i pensieri.
L’uomo
impaurito
si difende, custodisce
l’offesa che il male è
Dentro
e la maschera è schermo se
non si sceglie
di restare soli. Ognuno fugge
l’altro a viso
aperto
che l’attimo di bene non è
eterno così l’amore
nell’odio s’impasta ed è
orrenda la Mente.
C’è chi inventa di andare
oltre lo schermo a difesa
E snidare i pensieri: un’arma
per conoscere l’altro,
difendersi.
Come fare poesia?
E’ dare senso al bello: un albero che cresce
sopra
i vermi, un rapido sorriso
d’innocenza od un raggio
di sole, un frammento… Sopra il Monte del
Cranio
crocifissa una luce redenta:
il big bang del
cervello.
[da Eros
Sadico – Ed. Orient Express; Castelfrentano; luglio 2003]
Maria Grazia Lenisa
PITTORE DA MARCIAPIEDE DELL’EST
Il ragazzo dipinge il
marciapiede,
a un lato il vuoto della sua
chitarra
con dentro chi sa quali
segreti.
Arriva scalza al Museo della
strada,
sta attenta a non toccare le
figure
come giocasse cauta alla
campana.
E gli dice: dipingi la mia
schiena!
Ride d’azzurro:
Voltati di dietro
ed alza la maglietta.
Come strada
maestra dalla nuca alla vita
sottile
il Nudo appare:
un bellissimo schermo ancora
intatto.
S’appressò, la toccò dove
rinascono
sempre le ali, così incurva
un poco
per i pesi
soavi
e tutta la baciò che fu
pennello
la sua lingua sapiente,
colorata d’ogni
colore dell’arcobaleno.
Il cielo stava tra piova e
sereno
come quando le streghe
s’innamorano.
Cantava dolce in strada Edith
Piaf.
[da “La Rosa Indigesta” - Bastogi; Foggia; marzo 2006]
Maria Grazia Lenisa
NOTE BIO-BIBLIOGRAFICHE
Maria Grazia Lenisa, poeta e
saggista, è nata a Udine, il 13 02 1937. Ha vissuto soprattutto a Terni dove è
venuta a mancare il 28/ 04/ 2009. Ha pubblicato una cinquantina di opere tra
cui alcuni saggi critici. Il suo inizio,
con Il tempo muore con noi (1955), è
stato all’insegna del Realismo Lirico.
Si è fatta notare per la pregnanza e l’originalità dei suoi testi,
attestate da studiosi del valore di A. Capasso, e poi, E. Allodoli, F. Palazzi
e F. Pedrina. Collaboratrice di numerose riviste, ha intrattenuto stimolanti
contatti intellettuali. Degni di menzione sono il rapporto con il filosofo P.
Cornelio Fabro, suo prefatore a I
credenti, l’attività per Forum Quinta/Generazione e il dialogo con M. Luzi
e A. Zanzotto. Lenisa ha prodotto studi per svariati autori contemporanei e,
nel 2000, un saggio di estetica fenomenologica, La dinamica del comprendere.
Negli anni ’80, dialogandone anche insieme il critico G. B. Squarotti,
compiva la svolta de L’ilarità di
Apollo, una meta-realistica fusione d’eros trasfigurato e risvolti etico -
religiosi, in versi fintamente narrativi.
E’ stata direttrice della Collana Il
Capricorno per le Ed. Bastogi presso i cui tipi nasce la sua antologia Verso Bisanzio (fino al ’97). Due gli
elementi notevoli: “erotismo, come
sublimazione della forza vitale e la conquista di una fede religiosa
altrettanto appassionata” (L. Luisi; Calliope ‘97), attestati anche dalla
ivi inclusa Laude dell’identificazione
con Maria.
Tra le scritture successive sono da leggere senz’altro: Incendio e fuga, introdotto da M.
Bettarini, S. Lanuzza e D. Maffìa, e La
Predilezione, dominata dal grave tema paolino secondo cui “…tutta la natura geme e soffre”. Non
meno originalmente si succedono L’ombelico
d’oro e il cupo Eros sadico che
proietta il cancro in un’equivoca finzione amorosa.
Trattata nella “Storia della
civiltà letteraria” (UTET), conseguiva nel 2003 il “Diploma honoris causa”
dall’ Ist. di Cultura Superiore del
Mediterraneo di Palermo e Monreale. Nel 2005 è insignita del premio Ziegler
per La rosa indigesta. Contrasti.
Poco prima di morire infine riceveva il Rhegium Julii (inedito ’08) per le Amorose strategie. Lascia
inedito Il Canzoniere Unico, il
primo dedicato al Cristo.
Un ringraziamento per l'ospitalità, anche a nome di Maria Grazia Lenisa! Sublime è la scelta dell'immagine associata ai versi. Lo sguardo della figura femminile, sospesa nel chiarore, osserva un po' lateralmente, quasi per cogliere una visione onirica in fuga dalla materia. E' bellissima! Marzia Alunni
RispondiEliminaLa prima sintetizza magistralmente il fare poesia e arriva come manifesto della poetica dell’autrice, dell’intransigenza dei “puri”, di chi “inventa di andare oltre lo schermo”. La seconda, che avevo già avuto modo di apprezzare in “La rosa indigesta”, e’ rappresentativa dell’andare “oltre”; diventa parte di un viaggio magico/mitico che parte dai giochi dell’infanzia per compiersi in tutta la sua sensualità.
RispondiEliminaAbele